“Amor sacro e Amor profano”
Personale critica letteraria al dipinto di Tiziano Vecellio del 1514 conservato nella Galleria Borghese di Roma.
Accanto alla classica interpretazione che gli studiosi di questo famoso dipinto maggiormente condividono, io ho eseguito una lettura parallela e alternativa, alla quale al momento non ho trovato riscontro in letteratura (ma non è escluso che ci sia), consistente nella figura di Eva e Maria a confronto.
Eva è raffigurata svestita con la mano alzata nel gesto di raccolta della mela che ha condannato il genere umano, ed il suo volto è rivolto con sguardo malinconico a Maria, la nuova Eva salvatrice che raccoglierà invece il vero frutto vivificatore di Gesù. Entrambe sono sedute sopra un sepolcro vuoto in cui un bambino gioca con l’acqua. Lo sguardo è la linea simbolica e temporale che le unisce, il sepolcro vuoto è simbolo della risurrezione di Gesù e della sua pasqua, e l’acqua simbolo di vita. Inoltre sul sepolcro è raffigurata una scena di uccisione o “sacrificio” che potrebbe alludere all’antico “Pharmakon” o vittima sacrificale, la cui morte in segno di fecondità, costituiva la salvezza per un’intera comunità. Sempre sul sepolcro è raffigurato un cavallo, da sempre simbolo di divinità femminile e di femminino sacro per via degli zoccoli a forma di mezzaluna simbolo della donna, che rimanda al mito arcaico della grande dea madre, origine di tutte le divinità femminili.
Il titolo dell’opera, pur essendo successivo alla sua realizzazione, credo sia opportuno, in quanto tutta la scena è una unione di elementi sacri e profani. Insomma sembra di osservare un grande film che, come mosso in forte accelerazione, narra la storia dell’uomo partendo da riti religiosi antichi e profani sino alla sacralità dell’ultima Verità rivelata, dimostrando attraverso la potenza espressiva tipica dei geniali artisti, come il mondo sacro è indissolubilmente legato a quello profano.
Sembra che la mano di Tiziano sia rappresentata dal bambino “Cupido” nell’intento di voler mescolare il sacro con il profano, anziché distinguerlo; infatti il sacro nasce come conseguenza del profano.
Intendo dire che quello che la nostra cultura oggi considera profano o pagano, un tempo era cosa sacra. Le tradizioni popolare che si sono susseguite nel corso dei tempi hanno pian piano trasformato i primordiali riti, in quello che oggi viene considerato sacro, “dimenticando” (o “rimuovendo” culturalmente) l’originale significato. Da qui il tentativo labile del Vecellio di tentare di “mescolare” la storia.
Forse il nostro artista aveva letto un passo di S. Agostino in cui affermava:<<Anche gli antichi sacrifici del popolo di Dio, nella loro molteplice varietà, prefiguravano l’unico sacrificio di Cristo che doveva venire. E Cristo è nel medesimo tempo la pecora, per l’innocenza della sua anima pura, e il capro, per la sua carne somigliante a quella del peccato. E qualsiasi altra cosa, che in molte e diverse maniere sia prefigurata nei sacrifici dell’Antico Testamento, si riferisce soltanto a questo sacrificio che è stato rivelato nel Nuovo Testamento>>.
Interpretazione oggi maggiormente condivisa
Il dipinto è oggi generalmente interpretato come un grandioso e beneaugurate dono nuziale del patrizio veneziano Nicolò Aurelio alla sposa, Laura Bagarotto.
Entrambi le donne comunque non raffigurano il ritratto di Laura, ma vogliono rappresentare l’allegoria del matrimonio, raffigurato dall’abito nuziale, e dell’unione che promette la fecondità e l’amore.
Mentre la donna vestita allude al matrimonio, la donna nuda innalza questo stesso amore verso un piano celeste ed eterno, simboleggiato dalla lampada che sorregge in mano.
Il Cupido che mescola le acque, allude alla vita che nasce dalla mescolanza del matrimonio terreno innalzato ad un piano divino.
Giuseppe Cantelmo JXLM
Roma, 19 febbraio 2006.